Spray al peperoncino per curare naso intasato

Roma, 26 ago. (Adnkronos Salute) - Dalle lacrime alla cura delle infiammazioni che 'chiudono' il naso. Le qualità del peperoncino, oltre a far felici gli amanti della tavola, possono aiutare a curare le forti sinusiti e le riniti non allergiche. Grazie ad un nuovo spray che contiene un ingrediente derivato dalla specie 'Capsicum annum'. A scoprire l'ennesima qualità del frutto 'spice' e trasformarla in uno pratico spruzzino, è un studio dell'University of Cincinnati, pubblicato sulla rivista Annals of allergy, asthma & immunology.
"I risultati dei test - si legge nella ricerca - hanno dimostrato che il nuovo spray, usato per due settimane su 44 persone con forte rinite non allergica, congestione nasale o sinusite, si è dimostrato sicuro, veloce ed efficace nel contrastare questi fastidi".
L'ingrediente 'segreto' alla base dello spray è la capsaicina, il composto che genera il gusto piccante del peperoncino. Un principio attivo, già approvato dall'agenzia di controllo americana Food and Drug Administration, alla base di diversi farmaci usati per alleviare temporaneamente il dolore. "Abbiamo verificato che lo spray era sicuro ed efficace sui pazienti affetti da rinite non allergica - avvertono i ricercatori - infatti i partecipanti allo studio, che hanno usato il nuovo spray nasale, hanno riportato una maggiore rapidità di azione e di sollievo, mediamente entro un minuto dopo l'utilizzo".

Fonte:www.libero-news.it

Mal di schiena

Oltre ad altre erbe come "l'artiglio del diavolo", pare che per le infiammazioni e i dolori alla schiena, sia molto efficace una pomata a base di peperoncino, nel dettaglio di Frutescens. Posto l'articolo ripreso da "La Repubblica".



"Il mal di schiena è una frequente condizione che comporta anche un sostanziale onere economico nelle società industrializzate". Lo scrive Joel Gagnier dell'Università di Toronto, Canada, che ha condotto un'interessante revisione e valutazione delle sperimentazioni sull'uso, nel mal di schiena (o lombalgia) di diverse piante medicinali. I ricercatori canadesi, il cui lavoro è stato pubblicato sulla rivista Spine di gennaio, si sono serviti di diversi fonti e database quali, Medline, Embase (banca dati farmacologica e biomedica), Cochrane.
Tra le piante medicinali adoperate nel trattamento della lombalgia vi sono Commophora molmol, Capsicum frutescens, Salix alba, Maleleuca alternifolia, Angelica sinensis, Aloe vera, Thymus officinalis, Mentha piperita, Arnica montana, Curcuma longa, Tanacetum parthenium, Harpagophytum procumbens e Zingiber officinalis.
La ricerca sistematica di evidenze, che supportino o neghino l'efficacia di prodotti a base di erbe nel trattamento del dolore nel mal di schiena, è avvenuta sulla base di alcuni precisi criteri. Sono state considerate solo persone adulte (più di 18 anni) sofferenti di mal di schiena non specifico che, in base alla durata, è stato suddiviso in acuto (meno di 6 settimane) subacuto (6-12) e cronico (più di 12 settimane). In base ai riscontri evidenziati, ogni rimedio è stato classificato sulla base della qualità degli studi effettuati in: forte, moderato, conflittuale (studi di incosistente valore) e di nessuna evidenza. Dei 295 studi identificati solo 10 sono stati considerati: di questi, 3 riguardano l'Harpagophytum procumbens (l'artiglio del diavolo), altri tre il Salix alba (Salice bianco) e quattro una pomata a base di peperoncino (Capsum frutescens) applicata localmente.
I primi tre studi consideravano solo le persone sofferenti di riacutizzazione di lombalgia non specifica, quello con il peperoncino sulle lombalgie acute. L'effetto "più evidente" si è ottenuto con la somministrazione quotidiana, rispetto al placebo, dell'estratto acquoso di Harpagophytum contenente 50 di arpagoside (sostanza della pianta) che riduce, nel breve periodo, episodi acuti di dolore lombagico; un effetto moderato si è avuto con 100 mg di arpagoside per dose di estratto acquoso. Moderata evidenza (sempre rispetto al placebo), invece, con la somministrazione di 120-240 mg di salicina contenuta in un estratto di Salix alba, e anche con l'applicazione di pomate al peperoncino.

di Roberto Suozzi

fonte:www.repubblica.it

Il peperoncino non fa bruciare solo la lingua ma anche le cellule tumorali.

Che il peperoncino avesse molte proprietà terapeutiche già si sapeva ma ora dagli studi diretti da Sören Lehmann dell’università di Los Angeles è emerso che la capsaicina, l’alcaloide principale responsabile della sensazione di piccante prodotta dai peperoncini, è in grado di indurre le cellule tumorali del cancro alla prostata ad innescare il processo di apoptosi, ossia una sequenza di autodistruzione presente nelle cellule.
Lo studio condotto sui topi ha dimostrato che la capsaicina è in grado di indurre l’apoptosi di circa l’80% delle cellule tumorali, e in alcune culture in vitro di cellule umane ne ha bloccato o ridotto notevolmente la proliferazione. Secondo Lehmann la dose somministrata ai topi corrisponderebbe, per una persona di 90 chili, a 400 milligrammi di capsaicina, a sua volta pari al consumo di tre-otto peperoncini della varietà habañera, considerati i più piccanti del mondo. Il contenuto di capsaicina può infatti variare notevolmente a seconda del singolo frutto, oltre che della varietà. Per valutare la piccantezza dei peperoncini si utilizza la “scala di Scoville”, in base alla quale un peperoncino comune ha un punteggio di 5000 unità, il peperoncino calabrese arriva alle 15.000 unità, quello di Cayenna alle 50.000 e il tipo habañera supera le 300.000.
L’azione della capsaicina si esplica in primo luogo attraverso la riduzione dei recettori per gli estrogeni sulle cellule tumorali, ma agisce anche sulle cellule tumorali non ormono-dipendenti e riduce anche la produzione di PSA, la proteina antigene specifica che è utilizzata per rilevare la presenza di un cancro alla prostata attraverso un esame del sangue.


Fonte: peperonciniamoci.it
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